“Ci sono certi discorsi pronunciati dalla bocca dell’essere umano che, quando esprimono l’immaginazione, la certezza e il desiderio, producono in atto il movimento delle cose del mondo.Questo è stato chiaramente provato da frequenti esperienze, a tal punto che quasi tutti gli esseri proferiscono delle parole che inducono un movimento in certe cose composte di elementi”
Estratto dal Trattato De Radiis del filosofo Al-Kindi Baghdad VIII secolo d.C.
Le parole possono essere considerate delle profezie autoavveranti?
Secondo me sono da sempre uno strumento per divinare, indagare e mettere alla prova il futuro.
Alcune nascono da un atto di immaginazione, altre nascono per tutelare una realtà evanescente che attraverso la parola viene catturata e trasmessa nel tempo, come una fotografia.
Il linguaggio é una tecnologia antica di cui ci siamo trovat a disporre senza conoscerne l'origine.
L'arte di produrre azioni a distanza per mezzo di segni, onde soniche, elementi immaginativi, compongo il rituale di una cerimonia millenaria.
Nel momento in cui metto al mondo una parola rendo traducibile una percezione, per la quale senza la parola é come se la stessa realtà venisse meno.
Nell'ambizione più alta dell'esercizio linguistico, penso che giaccia l'arte onomaturgica,
che suona come se fosse una pratica magica, che altro non é che la coniazione di nuovi termini,degli incantesimi verbali e simbolici con il potere di aprire portali su dimensioni nascoste, rendendo visibili processi semplici o complessi.
La parola nuova complica la realtà e sforza il senso approssimativo di ciò che tentiamo di cogliere.
Il neologismo é l'occupazione di uno spazio lasciato vuoto
e rappresenta il modo in cui decidiamo di occuparlo
Il neologismo é un potenziale estensivo della ricerca sulla nostra percezione
Il neologismo é scomodare la presa sull'immaginazione di parole fruste, logore, comode
Il neologismo non é il residuo di una realtà minore, é un portale di immaginazione futuribile
é un modo di compilare la storia in modo alternativo
é un prisma di cristallo che magnifica la cangianza della realtà
Il neologismo é già realtà aumentata.
Il principio rivoluzionario della pratica onomaturgica si nasconde nel suo metodo poietico allargato ossia l'invenzione come analisi collettiva di una realtà comune.
Onomaturgia come gioco collaborativo e non più solitario.
Non più la singola persona a farsi carico della traduzione di un piccola scheggia della realtà, ma processo condiviso per formulare l'incantesimo linguistico che ci aiuta a collocare e descrivere un frammento di noi stess nel mondo.
Le schegge sono pezzi di una crepa lasciata vuota, adattabile ad essere riempita con un atto di creazione, che richiede sfacciataggine e immaginazione.
L'attitudine onomaturgica ci spinge ad assumere uno spirito di presenza vigoroso nei confronti di una aderenza meno acefala rispetto alla nostra stessa realtà.
Il neologismo non ha il solo scopo di inventare o accorgersi di nuove realtà e processi sociali
ma agisce nell'estrarre una porzione di un concetto esistente e renderlo più visibile.
come ad esempio potremmo fare con la parola cura la utilizziamo per innumerevoli fatti, elementi, intuizioni, stati.
Ci rassicura la sua presenza, chi ci ha preceduto ha ritenuto importante accorgersi della necessità di chiamare con un nome un complesso meccanismo che provvede a sorreggere un'intera struttura esistenziale, uno dei principi primi della costituzione umana.
Considero prodigioso l'ingegno che 24 secoli addietro si é operato per individuare un tale processo.
Il suo significato si é tramandato inalterato nel tempo, la usavamo tale e quale 2400 anni fa, così come oggi.
C'é un nome per quell'intercapedine di premura che ci spinge a lavarci i capelli?
Quale differenza intercorre tra la parola cura come promessa di salvezza e la parola cura come monito recondito di uno stato alterato e instabile?
Quale differenza definisce la sfumatura di significato tra il curare, prendersi cura, ricevere cura?
Sul dizionario di lingua italiana, il verbo Curare articola 12 declinazioni di significato.
Il sostantivo Cosa ossia il nome più indeterminato e più comprensivo della lingua italiana, col quale si indica, in modo generico, tutto quanto esiste, nella realtà o nell’immaginazione, di concreto o di astratto, di materiale o d’ideale.
Ne conta 15.
Ho riflettuto sul fatto che Cosa e Curare contendono una rischiosa competizione tendente alla sconfinatezza e alla massima capacità assorbente.
Penso che pretendiamo di permeare molto del mondo con una sola parola.
Non sarà protervia voler dire troppo conferendo a poche sillabe un potere che a fatica possono reggere da sole?
Penso che alcune parole debbano modellare il loro suono a seconda dell'uso che vogliamo farne.
Se vogliamo esprimere un concetto orribile, é tattico che il suo suono si renda indesiderabile nell'essere pronunciato al fine di produrre nel nostro palato un effetto di irritante frizione.
Se una parola vuole urlare il suo diritto ad esistere, é scaltro impiantare nel suo suono
una nota melodiosa al fine di avere sempre voglia di pronunciare quel termine.
Perché se già il contesto sociale in cui quell'ingiustizia prospera
e opprime la possibilità di essere denunciata, la melodiosità sconfigge in astuzia la ritrosia nell'ammetterla.
Il suono non deve produrre piacere, ma creare un effetto favorevole di replicabilità.
Le parole agiscono come dei memi, sgomitano per la loro sopravvivenza
Ho creato un neologismo per l'occasione di oggi, ma é temporaneo e si autodistruggerà entro 24 ore.
Irrecelso, Irrecelsità
Aggettivo e sostantivo per denominare una particolare asimmetria di un rapporto professionale,
per cui alla richiesta di puntualità nello svolgere un lavoro, non corrisponde altrettanta puntualità nel riconoscimento economico, legittimando tempistiche incerte a danno di chi ha svolto il lavoro.
Il termine assegna un'accezione di normalizzazione dell'irrecelsità al punto da rendersi prassi diffusa e dominante, forzando chi subisce la condizione di disparità ad adeguamento incontestabile.
In questa parola non si descrive solo la manifestazione di un atto e i limiti di un processo
vi sono inscritte anche le sue conseguenze e i suoi effetti, quali il ricatto e l'imposizione coatta alla duttilità.
Per me é importante questa nuova parola :
perché getta luce sulla porzione di un termine più grande, troppo vasto, sconfinato,
di cui ho perso l'orizzonte e il cui significato é ormai diventato vago e sbrigativo
ed é sfruttamento.
Anche l'uso di un termine approssimativo rende a sua volta tale la realtà,
così anche la storia che tentiamo di definire e rendere comunicabile, per cambiarla o modificarne il corso si rende sommaria.
Il neologismo arriva per arricchire e rendere questa realtà più precisa,
per quanto l'illusione di descrivere il mondo sia certamente una fatica di Sisifo.
Passare al setaccio parole grandi come capitalismo, futuro, sfruttamento, sostenibilità
farà cadere i grani più piccoli che passano oltre il setaccio e sono quelli che sfuggono a maglie grossolanem a destare la mia attenzione.
Richiedono diottrie sfacciate e una lente imponente per riconoscere particelle invisibili a occhio nudo.
Perché é importante ancora di più questa parola, Irrecelso, perché non vuole limitarsi a reificare e protrarre una querimonia già esasperata, ma perché ispira fortemente a trovare il suo contrario,
ed é una di quelle, ad esempio, che spero potremo inventare oggi.